Spesa domestica ai tempi dell’inflazione, Ismea: convenienza e italianità driver degli acquisti

È stato pubblicato da Ismea il report “I consumi alimentari delle famiglie. La spesa domestica ai tempi dell’inflazione nei primi nove mesi del 2022”.

Il carrello della spesa secondo i dati dell’Osservatorio sui consumi alimentari Ismea-NielsenIQ, nel periodo cumulato da gennaio a settembre 2022, sta costando agli italiani il 4,4% in più rispetto allo scorso anno, con dinamiche che si acuiscono nei mesi di agosto e settembre (+10,4%). Tale valore percentuale, inferiore all’inflazione, è frutto della composizione merceologica del carrello della spesa che si modifica in conseguenza proprio delle strategie messe in atto da parte dei consumatori per ridurre l’impatto dell’inflazione.

Dai tagli generalizzati delle quantità acquistate che oscillano dal -1% del latte fino al -31% del pesce fresco, allo spostamento delle preferenze verso i prodotti dal valore unitario più basso, dal parziale abbandono del canale digitale al maggiore orientamento verso i discount e i prodotti a marca del distributore; sono molte le contromisure adottate per limitare l’impatto della spinta inflattiva, che si conferma a novembre all’11,8%.

Per quanto riguarda il settore delle carni, con un peso sullo scontrino del 10,6%, si registra un incremento di spesa del 7,7% cui è corrisposta una lieve diminuzione delle quantità acquistate (dell’1,6%) e uno spostamento verso tagli e aree merceologiche più economiche.

La riapertura dei canali di ristorazione ha favorito il consumo di carne nel complesso; tuttavia, i prezzi elevati e in evidente crescita hanno spesso frenato gli acquisti per il consumo domestico con conseguente riduzione dei volumi nel carrello. In particolare, tra tutte le carni, i maggiori aumenti di prezzo si sono registrati per le avicole, con alcuni tagli che hanno accumulato, nel giro di un anno, rincari del 25%. L’innalzamento dei prezzi delle carni bianche ha innescato uno spostamento dei consumi verso le suine, uniche carni per le quali si registra anche un incremento dei volumi (+4,9% le suine e -2,9 le avicole).

Sull’incremento dei prezzi delle carni avicole e sulla loro riduzione dei volumi acquistati ha però influito anche il diffondersi dell’influenza aviaria che ha ridotto notevolmente la disponibilità soprattutto di carne di tacchino di provenienza nazionale. Quest’ultima, infatti, ha registrato un arretramento dei volumi acquistati del28%. Un arretramento non irrilevante dei volumi venduti si è registrato anche per i tagli di carne bovina (- 4,9%). In particolare, tra le carni bovine si evidenzia una sempre maggiore propensione verso gli hamburger (+2% i volumi su un complessivo a -5,2%) che hanno un costo contenuto e un servizio aggiunto che ne facilita la preparazione. La fettina di bovino adulto ha toccato a settembre il livello record di prezzo medio degli ultimi tre anni, registrando nella media dei primi nove mesi del 2022 un incremento complessivo del 9% che ne ha fatto contrarre i volumi del 7,4%.

Le uova sembrano far parte di quel paniere caratterizzato da facilità d’uso ed economicità verso il quale si stanno orientando i consumi alimentari delle famiglie italiane. Proprio grazie a queste caratteristiche la categoria evidenzia un recupero di terreno in termini di volumi acquistati, grazie al maggior utilizzo come sostituto di altri proteici come carne o salumi ben più costosi. L’aumento dei prezzi in termini percentuali è consistente registrando un +6,6% nel periodo cumulato dei primi nove mesi dell’anno e, addirittura, +14% agosto 22 su agosto 21. La combinazione dell’incremento di prezzo e dei volumi acquistati ha portato la spesa sostenuta dai consumatori nei nove mesi per questo prodotto a crescere del 10% rispetto allo scorso anno.

Per la pasta i volumi rimangono stabili, a fronte di un esborso maggiore del 22%. Al contrario subiscono una battuta d’arresto i cibi etnici, le varie tipologie di “free from (senza glutine, senza lattosio, senza sale, ecc.) e i cibi già pronti.

Osservando invece le dinamiche della spesa presso la Grande distribuzione, si rilevano diminuzioni solo per il pesce (con punte del -6,9% per quello fresco) e per gli alcolici. Più nello specifico, flettono gli acquisti in valore di vino (-4,6%), spumanti e champagne (-1,9%) e, in misura più lieve, della birra (-0,8%), anche di riflesso al ritorno delle occasioni di consumo fuori casa.

Tra le tipologie di famiglie acquirenti sono quelle giovani con figli molto piccoli a incontrare le maggiori difficoltà economiche e a dover introdurre strategie di risparmio volte a contenere gli aumenti di spesa e addirittura a contrarla (-13,7% rispetto al pre-Covid).

Tra i canali distributivi il supermercato resta il canale predominante con il 40% di share e con una performance positiva che rispetto al pre-Covid gli fa guadagnare 2 punti percentuali. Il Discount con il 22% di share guadagna 4 punti percentuali rispetto al 2019.

Fonte: Ismea

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