Influenza aviaria, i chiarimenti della Sipa

La Sipa, Società italiana patologie aviarie, ha fornito un contributo di natura scientifica sul tema dell’influenza aviaria in risposta a un articolo apparso sul FattoAlimentare.it: l’obiettivo è quello di rassicurare la popolazione in merito alla gestione europea, e in particolare italiana, di eventuali casi di influenza aviaria.

Di seguito, il testo della lettera che è pubblicata a questo link https://ilfattoalimentare.it/influenza-aviaria-commento-societa-italiana-patologie-aviarie.html.

Il titolo del vostro articolo, assieme alla frase “e la colpa non sarebbe degli animali selvatici, ma di quelli allevati. I mega allevamenti, infatti, sono un serbatoio ideale per la nascita di nuove varianti dei virus” trasferisce un messaggio fuorviante per il lettore: la stessa Efsa ha ribadito più volte come questi virus ad alta patogenicità non ‘nascano’ negli allevamenti, ma provengano dagli animali selvatici, spesso asintomatici, così come evidenziato anche nell’ultimo rapporto sull’influenza aviaria (Avian influenza overview) pubblicato dall’Efsa relativamente al periodo maggio-settembre 2021. Gli allevamenti convenzionali fungono da fattore protettivo degli animali, attraverso le misure di biosicurezza che hanno l’obiettivo di evitare contatti con l’avifauna selvatica. Non a caso, nelle situazioni di rischio, tutte le misure di gestione (tra cui la detenzione degli animali al chiuso) sono tese a evitare il più possibile il contatto diretto tra uccelli selvatici e pollame.

Gli allevamenti italiani, inoltre, non possono essere paragonati a quelli di contesti meno evoluti sotto il profilo delle biosicurezze, dei controlli preventivi e delle azioni di eradicazione. Ciò rende ancora più evidente come in Europa, e in particolare in Italia, gli allevamenti non rappresentino un serbatoio per i virus pandemici, poiché i puntuali monitoraggi predisposti su base scientifica dall’autorità sanitaria, sentito il Crn presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, consentono di intervenire tempestivamente applicando drastiche misure di eradicazione. L’Italia può vantarsi in questo campo di essere un’eccellenza nella gestione dei focolai, grazie a un sistema collaudato ed efficiente e alla presenza del Centro di referenza europeo.

Circa il riferimento al caso della Russia, occorre tener conto che la possibilità che si verifichino mutazioni del virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità di sottotipo A (H5N8), con conseguenti casi trasmissione da uomo a uomo, è stata prospettata dall’agenzia Rospotrebnadzor come puramente teorica. L’ultimo rapporto dell’Efsa (già citato sopra, vedi link) evidenzia che le segnalazioni di eventi di trasmissione di virus A (H5) a mammiferi ed esseri umani in Russia, sia i recenti casi umani A (H5N6) in Cina non escludono un rischio continuo di adattamento di questi virus ai mammiferi. Il rischio di infezione per la popolazione generale nell’area europea è però valutato come molto basso, mentre è valutato come basso per gli operatori.

In Italia in particolare, con l’introduzione del nuovo piano pandemico influenzale, ci sarà inoltre l’opportunità, in caso di focolaio, di effettuare un follow up anche delle persone e degli operatori che gestiscono l’allevamento. L’Italia, infatti, i cui territori sono interessati da rotte migratorie e ricchi di aree umide, ha una grandissima esperienza in tema di aviaria e ha dimostrato negli anni ottime capacità nel gestire i casi di influenza aviaria, grazie a un collaudato sistema di collaborazione tra autorità, veterinari e filiere produttive e a interventi tempestivi ed efficaci. La professionalità e la competenza conquistate sul campo dal Laboratorio nazionale sull’influenza aviaria e la malattia di Newcastle, che opera presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, ha fatto sì che allo stesso venisse attribuito il riconoscimento di laboratorio di riferimento europeo.

Ricordiamo infine che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), in collaborazione con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria (Eurl) hanno valutato il rischio basso per gli addetti ai lavori e gli operatori e molto basso per la popolazione umana. Auspichiamo che una corretta informazione su questi elementi segnalati possa contribuire all’intento di evitare di generare panico infondato nella popolazione, già duramente provata dalla pandemia.

Mattia Cecchinato, presidente Società italiana patologie aviarie

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