I costi dovuti alle malattie che colpiscono gli allevamenti avicoli

Se non controllate in maniera efficace, alcune malattie tipiche degli avicoli, come la clostridiosi e la coccidiosi, potrebbero ridurre a zero i profitti degli allevatori.

Uno studio pubblicato sul Journal of Animal Production Science ha rilevato che nel 2013 in assenza di interventi, un “tipico allevatore commerciale di broiler” ha subito un costo pari a quasi 30 centesimi a capo a causa della clostridiosi, mentre i costi legati alla coccidiosi sono intorno ai 20 centesimi a capo. Laddove invece siano stati applicati interventi idonei i costi sono scesi rispettivamente a 15 e 12 centesimi di euro.

I dati sono stati resi noti nel corso del workshop della Pan-European ProHealth da Philip Jones, ricercatore presso il Dipartimento di Agricoltura, Politica e Sviluppo dell’Università di Reading.

Lo studio ha utilizzato un modello di costo standard basato sui costi medi comunitari del 2013. Per i broiler i costi di produzione erano pari a 124 euro per 100 kg di prodotto sulla base di una produzione di carne per capo pari a 2,276 kg. I costi di produzione delle ovaiole erano invece pari a 29,48 euro a gallina sulla base di una produzione 340 uova al costo di 8,67 euro per 100 unità.

Jones ha spiegato che le perdite finanziarie dovute alle malattie produttive sono state considerevoli anche nel settore delle galline ovaiole. Secondo lo studio le perdite legate ai danni ossei, laddove non sia previsto un intervento, erano pari a 3,5 euro a capo; ma scendevano a 2,25 in caso di trattamento. La bronchite infettiva causava invece una perdita di 3,25 euro a capo, sebbene in questo caso specifico sia stata considerata l’efficacia del trattamento.

Per lo studio sono state identificate nove malattie, selezionate dagli scienziati che lavorano al progetto in base all’importanza che hanno nei loro rispettivi paesi (Finlandia, Germania, Polonia, Spagna e Regno Unito). Sono inoltre stati inoltre coinvolti nello studio circa 100 stakeholders tra allevatori, veterinari, macelli, trasportatori e trasformatori. Le informazioni raccolte erano di carattere clinico e sub clinico.

Le 9 malattie erano plumofagia, sindrome da salpingoperitonite, danni scheletrici, dermatite delle zampe posteriori, discrondoplasia tibiale, clostridiosi, coccidiosi, bronchite infettiva e ascite.

Lo studio ha anche esaminato i tassi di mortalità e le perdite ponderali. La salpingoperitonite ha fatto registrare il più alto tasso di mortalità mentre coccidiosi, discrondoplasia tibiale e dermatite delle zampe posteriori sono state le tre malattie peggiori in termini di perdita di peso. Gli scienziati hanno anche notato una piccola diminuzione della qualità della carne.

Per quanto riguarda le galline ovaiole, la bronchite infettiva ha avuto un effetto massiccio sulla produzione di uova, ridotta di un terzo. Le galline che hanno sofferto per la plumofagia hanno invece avuto una riduzione del 5% delle uova prodotte: La plumofagia ha avuto un impatto significativo sul tasso di riconversione del mangime, in calo del 25%, dato che le ovaiole si muovevano e mangiavano di meno.

La coccidiosi e la clostridiosi hanno portato ad un crollo produttivo del 15%.

Jones si è detto sorpreso  della sensibile mancanza di dati di alcune malattie in particolare la plumofagia, dato che era chiaro che tutta l’industria ha chiaro quanto queste possano impattare sulla produzione e il reddito di tutto il settore.

Fonte Poultry World

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