European Livestock Voice: no a un’Europa senza allevamenti

Gli allevamenti e il consumo di carne sono i protagonisti di numerosi dibattiti in Europa e, in generale, nel mondo occidentale.

Con l’avvicinarsi del Vertice sui sistemi alimentari delle Nazioni Unite (UN Food Systems Summit), European Livestock Voice registra una forte spinta sugli investimenti nella produzione di carne sintetica coltivata in laboratorio, soprattutto da parte di opinion leader al di fuori della comunità agricola e da magnati della tecnologia.

Questa visione high-tech della produzione di carne è spiegata in modo superficiale alla sfera pubblica.

Per i professionisti dell’allevamento europeo, questo punto di vista e il modello che lo sostiene, devono essere dibattuti nelle sedi pubbliche in modo che tutti gli impatti – sociali, ambientali, economici e sulla salute – siano pubblicamente conosciuti. Affermare che le risposte e le soluzioni alle sfide poste dal cambiamento climatico siano una dieta priva di “carne vera” e un’Europa senza allevamenti è decisamente impreciso e rischioso: ciò potrebbe rivelarsi catastrofico per la nostra alimentazione, per i territori e l’ambiente, per la nostra cultura.

Gli opinion leader che promuovono la carne sintetica affermano all’unanimità che il dibattito scientifico sostiene inequivocabilmente la fine dell’allevamento. In realtà, il corpus più ampio degli accademici è chiaramente contrario a questa visione. Gli stessi opinion leader spesso trascurano il fatto che gli allevatori, soprattutto in Europa, adottano le tecnologie più innovative a lungo termine per migliorare la sostenibilità delle loro attività e il benessere dei loro animali. Il settore zootecnico europeo ha raggiunto notevoli traguardi in termini di emissioni di CO2 e l’agricoltura del continente ha aumentato il valore complessivo della produzione del 25% dal 1990, riducendo allo stesso tempo le emissioni di gas serra del 20% nello stesso periodo.

Si deve anche considerare, in termini di salute, l’insieme dei nutrienti naturalmente presenti nella carne (vitamine, oligoelementi…) che sarebbe difficile da replicare artificialmente. Per quanto concerne la sicurezza alimentare, la preoccupazione maggiore riguarda gli impatti che si potrebbero verificare con il passaggio alla carne sintetica sui paesi che dipendono dal settore zootecnico europeo; in più, c’è la preoccupazione di un possibile squilibrio che potrebbe creare tra i diversi attori della catena di approvvigionamento e l’impatto che potrebbe avere sull’accessibilità economica alle proteine ​​della carne da parte di tutta la categoria dei consumatori.

European Livestock Voice individua tre macro problematiche legate al passaggio alla carne sintetica al 100%.

L’Europa perderà il primato della bioeconomia circolare. Il sistema dell’allevamento gioca molti ruoli essenziali. Valorizzando i sottoprodotti della catena alimentare, il bestiame contribuisce a un’agricoltura più efficiente. Il riciclaggio della biomassa (detto upcycling) a partire da risorse come erba, paglia e crusca, è un processo di cruciale importanza: se non utilizzati negli allevamenti, potrebbero rapidamente diventare causa di impatto ambientale di per sé. Il settore zootecnico non produce solo beni alimentari ma anche un’ampia gamma di sottoprodotti, a cominciare dai concimi. Oggi, nel 40% delle aree coltivate nel mondo vengono utilizzati fertilizzanti organici provenienti dal settore zootecnico. Un’Europa senza bestiame porterà quindi a un significativo aumento dell’uso di fertilizzanti chimici. Molti altri sottoprodotti meno noti saranno difficili da ottenere se non in cambio di alti costi ambientali, economici e sociali – si pensi alla pelle (sostituita da prodotti a base di combustibili fossili), agli ingredienti farmaceutici (sostituiti da quelli sintetici), ecc. Ci si chiede se sia questo il modello di società immaginato dal Green Deal.

L’Europa rurale scomparirà e la produzione alimentare sarà concentrata nelle mani di poche aziende tecnologiche. Oggi il bestiame rappresenta una componente chiave dell’Europa rurale, presente in quasi tutte le regioni del continente in un’ampia diversità di sistemi di produzione a seconda dei contesti economici, geografici e sociologici locali. Il settore zootecnico contribuisce profondamente all’economia europea, con 168 miliardi di euro all’anno (il 45% del totale agricolo) e con circa 30 milioni di lavoratori occupati nel settore. Senza bestiame, l’esodo rurale accelererà, aumentando la pressione demografica sulle città e alimentando un maggiore distaccamento con la natura. Inoltre, la carne sintetica non sarà il risultato di un sistema open source: il cibo sintetico sarà altamente ingegnerizzato, ultra-elaborato e sviluppato attraverso brevetti. È quindi certo che a la società “100% carne sintetica” sarebbe una società in cui la produzione sarebbe altamente concentrata nelle mani di pochi. Se la filantropia persegue l’obiettivo di una società senza allevamento, quindi, deve anche condividere brevetti e tecnologie con tutti, soprattutto con i paesi in via di sviluppo.

L’impatto di CO2 della nostra alimentazione non vedrà la sostanziale diminuzione promessa dal mondo produttivo della carne sintetica. Dal punto di vista del cambiamento climatico, un mondo senza allevamenti, probabilmente, non sarebbe il mondo a cui miriamo. Senza ruminanti, il mantenimento del nostro prato da pascolo e dei paesaggi diventerebbe estremamente difficile in Europa. Il bestiame regola i cicli ecologici, chiude il ciclo dei nutrienti e migliora la fertilità del suolo. Nelle aree miste, sia colturali che zootecniche, le rotazioni delle colture hanno la funzione di recidere il ciclo di parassiti, consentendo agli agricoltori di ridurre l’uso di pesticidi. Inoltre, c’è stata scarsa valutazione empirica delle emissioni di CO2 proprie della carne sintetica, che potrebbe non essere positiva come previsto. Le domande da porsi sono: da dove proviene il siero per produrre tessuti coltivati? Quanta energia è necessaria per far crescere quei tessuti? Quali antibiotici, fungicidi e ormoni sono necessari per controllare la produzione?

In sintesi, se si vuole davvero fare la differenza in termini di impatto ambientale nella produzione delle proteine ​​della carne, bisogna investire sempre di più in allevamenti innovativi e tecnologicamente avanzati. Il settore zootecnico europeo da sempre si impegna a innovare ulteriormente le proprie filiere per ridurre l’impatto ambientale. La grande capacità del settore zootecnico di ridurre le emissioni e mitigare gli effetti sul clima basta a sminuire qualsiasi alternativa ai prodotti di origine animale.

Fonte: https://meatthefacts.eu/home/activity/beyond-the-headlines/opinion-piece-by-european-livestock-voice/.

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