Rapporto Crea-Istat: economia e legislazione agricola

Nel biennio 2020-2021 l’agricoltura, come attività essenziale, ha mantenuto pressoché inalterato il suo contributo alla formazione della ricchezza nazionale. A pagare il prezzo della crisi sono state soprattutto le attività secondarie e i servizi di supporto, ma la capacità di resilienza del settore ha permesso di contenere la perdita di valore aggiunto, che nel 2020 è diminuito in volume del 4,7%, fermandosi appena sopra i 33,3 miliardi di euro.

Questo quanto emerge dal rapporto Crea-Istat con un focus sulla legislazione agricola del 2021. Il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha collaborato al consueto rapporto ISTAT con un focus sulla Legge di Bilancio 2022, PNRR e PAC, illustrando le molteplici risposte alla crisi legata alla pandemia e a quella in Ucraina, a disposizione del settore, in un’ottica di rafforzamento del sistema agroalimentare.

Secondo il Rapporto, a distinguere il biennio 2020-2021, ma soprattutto dell’ultimo anno, è stato il progressivo incremento dei prezzi, dallo 0,7% al 6,7%, e il repentino innalzamento dei costi dei consumi intermedi, da -1% del 2020 a +8,5% nel 2021.

Il settore agricolo, in questi due anni, ha beneficiato di molte iniziative avviate in risposta alla crisi legata alla pandemia e più di recente a quella in Ucraina. In particolare gli interventi per sostenere e rilanciare il settore agricolo, circa 2 miliardi di euro, riguardano la gestione del rischio e la difesa delle produzioni, lo sviluppo della filiera agroalimentare e della pesca, interventi a sostegno delle filiere apistica e per promuovere lo sviluppo competitivo del comparto della frutta a guscio e delle filiere minori, per lo sviluppo delle colture di piante aromatiche e officinali biologiche e infine la valorizzazione internazionale dei patrimoni immateriali agro-alimentari ed agro-silvo-pastorali, dichiarati dall’UNESCO patrimonio immateriale dell’umanità.

Per quanto riguarda il comparto zootecnico, le difficoltà nelle prime fasi della pandemia, con la riduzione dei consumi e le ricadute soprattutto sulla macellazione delle carni animali, si sono andate progressivamente riassorbendo nel 2021, chiusosi con risultati complessivamente positivi per il comparto, che ha sperimentato un incremento del 5,5% del valore della produzione, sintesi di un aumento sia dei volumi prodotti sia dei prezzi.

Tuttavia la ripresa del settore è stata frenata dall’aumento dei prezzi delle materie prime (mangimi) e degli input produttivi. A partire dalla seconda metà del 2021 i produttori hanno subìto una sostanziale riduzione dei loro margini di guadagno, che potrebbe indurli nel breve termine a ritoccare al rialzo i prezzi di vendita, con un conseguente impatto negativo sulla piena ripresa dei consumi.

Dopo il calo produttivo del 2020 (-1,3% in volume) la riattivazione dei canali logistico-distributivi e la ripresa del settore della ristorazione hanno influito positivamente sui consumi di carni animali nel 2021 (+2% in volume). Le carni suine hanno avuto un incremento della produzione in volume del 2,3% (dopo il -3,6% del 2020), le bovine del 2% (-1,3% nel 2020) e il pollame dell’1,7% (+1,3% nel 2020).

Tra gli altri prodotti zootecnici va evidenziato il buon incremento per i volumi del latte (+2,5%), in linea con il buon risultato già segnato nel 2020 (+2,7%), e l’abbattimento produttivo del miele (-66,7% nel 2021 contro +2,6% in volume del 2020), una produzione particolarmente penalizzata dagli eventi climatici avversi.

Sul fronte dei prezzi, dopo il consistente calo del 2020 (-3,7%), nel 2021 si è verificato un aumento generalizzato per tutte le carni animali (+5,7%), con i principali rialzi che hanno interessato il pollame (+7,9%), le carni suine (+7,5%) e le bovine (+4,3%). Anche il prezzo del latte ha subito un rialzo nel 2021 (+1,4%), dopo la flessione dell’anno precedente (-1,5%).

Fonte: Crea-Istat

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