Rapporto Ispra, emissioni: in agricoltura -11,4% nel 2020

L’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha pubblicato il rapporto “Le emissioni di gas serra in Italia alla fine del secondo periodo del Protocollo di Kyoto: obiettivi di riduzione ed efficienza energetica”.

Il rapporto illustra la situazione emissiva italiana alla fine del secondo periodo del Protocollo di Kyoto, sulla base dei dati trasmessi ufficialmente in accordo a quanto previsto nell’ambito della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC), del protocollo di Kyoto e del Meccanismo di Monitoraggio dei Gas Serra dell’Unione Europea.

Secondo il rapporto, le emissioni italiane totali di gas serra, espresse in CO2 equivalente, sono diminuite del 26,7% tra il 1990 ed il 2020. Le categorie emissive che contribuiscono maggiormente alle emissioni totali di gas serra sono quelle del settore Energia, come mostrato in figura 3.2: industrie energetiche, manifatturiere, i trasporti ed il residenziale e servizi sono responsabili, complessivamente, di oltre il 78% delle emissioni totali nazionali nel 2020. Il settore Agricoltura e le categorie emissive dei Processi industriali ed uso di altri prodotti (IPPU) sono responsabili dell’8,6% e 8,1%, rispettivamente, mentre il settore Rifiuti contribuisce al restante 4,9% alle emissioni totali.

Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005 e rappresenta il primo strumento operativo legalmente vincolante per le Parti, tra queste l’Unione Europea e l’Italia. Per il primo periodo d’impegno del Protocollo (2008-2012) l’Italia si è vista assegnare un obbligo di riduzione di emissioni di gas serra pari al 6,5% rispetto le emissioni del 1990 e ha rispettato tali impegni di riduzione.

L’Italia ha adottato la propria Strategia nazionale di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra (LTS) nel gennaio 2021 individuando i possibili percorsi che potrebbero consentire di raggiungere entro il 2050 una condizione di neutralità emissiva, ossia l’equilibrio tra le emissioni di gas serra e gli assorbimenti di CO2, con l’eventuale ricorso a sistemi di cattura e stoccaggio geologico o riutilizzo della stessa.

Il settore agricoltura che contribuisce a circa il 9% delle emissioni totali nel 2020 registra un calo delle emissioni di gas serra pari a -11,4% dal 1990, principalmente a causa della riduzione del numero dei capi, delle superfici e produzioni agricole, della riduzione dell’uso dei fertilizzanti sintetici e dei cambiamenti nei metodi di gestione delle deiezioni.

Uno dei principali driver di riduzione delle emissioni dovute agli allevamenti (scese del 15% rispetto al 1990) è la riduzione del numero dei capi e in particolare dei bovini: tra il 1990 e il 2020 le consistenze si sono ridotte del 23% (passando da 7.7 a 5.9 milioni di capi), in particolare le vacche da latte sono diminuite del 38% e gli altri bovini sono scesi del 15%.

Il comparto avicolo contribuisce alle emissioni di gas serra solo per il 3,4% su tutto il settore zootecnico.

Considerando la categoria dei suini, che insieme ai bovini rappresenta circa l’80% delle emissioni di gas serra dovute agli allevamenti, i capi sono invece aumentati di quasi il 2% (determinato da una riduzione delle scrofe del 13% e un aumento degli altri suini del 3%), per raggiungere nel 2020 circa 8.5 milioni di capi.

Dal 1990 al 2020, si è registrata una riduzione del 19% anche dipesa dalla digestione anaerobica dei reflui zootecnici per la produzione di biogas, che si è diffusa in Italia a partire dal 2008 sulla spinta di un sistema incentivante per gli impianti non superiori ad 1 MW di potenza. Nel 2020, secondo i dati TERNA, sono circa 1700 gli impianti alimentati con matrici organiche, costituite anche da reflui zootecnici, per un ammontare stimato pari a circa 15 milioni di tonnellate (che rappresentano il 14% della produzione totale annua di deiezioni di bovini, suini e avicoli). Tramite la digestione anaerobica si evita la dispersione del metano in atmosfera, prodotto dalla decomposizione dei reflui zootecnici durante lo stoccaggio, che invece viene recuperato per produrre energia, e si riducono le perdite azotate.

Fonte: Ispra

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