Papaya hawaiana: un potenziale ingrediente per mangimi

La Hawaii’s Agribusiness Development Corp. ha proposto l’uso dei rifiuti alimentari, in particolare quelli derivanti dalla papaya, per coltivare alghe che possono essere utilizzate come ingrediente per l’alimentazione animale. Se il progetto dovesse funzionare allora, secondo quanto riporta l’Hawaii Tribune-Herald, le fattorie dello stato potrebbero diventare a “rifiuti zero“.

Attraverso questo progetto pilota, portato avanti presso il Centro di ricerca agricola del Bacino del Pacifico dell’USDA, e in collaborazione con l’Università delle Hawaii di Hilo, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che la papaya potrebbe essere utilizzata con successo come materia prima per la produzione delle alghe Chlorella protothecoides. I prodotti finali ricavati dalle alghe sono stati l’olio, che può essere utilizzato come biocarburante, e la farina.

Grazie al successo ottenuto da questa sperimentazione lo Stato delle Hawaii ha deciso di investire 1,5 milioni di dollari in una nuova struttura il cui scopo è verificare se il processo può essere applicato a livello commerciale. Il progetto prevede la costruzione iniziale di 4 serbatoi da 2.000 litri, che potrebbero essere completati entro la fine del prossimo anno. Al momento il progetto si concentra sulla papaya ma secondo il responsabile Ken Nakamoto, nel futuro potrebbero poter essere presi in considerazione anche altre colture o rifiuti.

Tra le maggiori sfide affrontate dal settore avicolo e zootecnico delle Hawaii vi è la carenza di ingredienti locali per la produzione dei mangimi e l’alto costo delle importazioni. Nel 2016, il costo della spedizione sulla terraferma era di 150-200 dollari per tonnellata.
L’Oceanic Institute della Hawaii Pacific University ha avviato un progetto di ricerca a lungo termine per individuare ingredienti locali adatti all’alimentazione degli animali. I ricercatori hanno scoperto che gli scarti della papaya potrebbero essere utilizzati come materia prima per proteine fungine adatte a pesci e gamberetti. In altri lavori, hanno prodotto una farina di alghe che potrebbe fornire un’alternativa più sostenibile alla farina di pesce nelle diete destinate all’acquacoltura.

I co-prodotti algali e i rifiuti derivanti dalla lavorazione della papaya sono tra i sottoprodotti disponibili a livello locale, ed identificati come potenziali ingredienti per mangimi destinati al settore avicolo locale. Alcuni test hanno rivelato che una combinazione di farina di alghe e manioca potrebbe sostituire più del 40% degli ingredienti dei mangimi importati destinati all’alimentazione delle ovaiole, senza perdita di produzione.

Altri ricercatori del Dipartimento agricoltura, foreste e risorse naturali (CAFNRM) dell’Università delle Hawaii hanno recentemente pubblicato un documento che dimostra i benefici ambientali derivanti dalla coltivazione di microalghe marine e di legname su terreni precedentemente coltivati con semi di soia. Il legno fornisce alle alghe la potenza e l’anidride carbonica, mentre la biomassa algale produce quasi la stessa quantità di proteine di alta qualità del raccolto di soia.

L’utilizzo di materiali alternativi derivanti dagli scarti dell’industria alimentare, come ingredienti per mangimi animali, viene analizzato in molte altre parti del mondo. In Europa, per esempio, un recente progetto spagnolo ha esaminato una gamma di prodotti alimentari e i ricercatori hanno concluso che i rifiuti derivanti da piante e latticini potrebbero ridurre significativamente l’impatto ambientale della produzione avicola. Inoltre alcuni scienziati tedeschi hanno scoperto che le proteine algali sono un sostituto soddisfacente della farina di soia nelle diete avicole.

Fonte WattAgNet

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